Tribunale Napoli, 22 Maggio 2020. Pres. Raffone. Est. Ilaria Grimaldi.
I sindaci sono corresponsabili con gli amministratori degli illeciti da questi commessi se, a fronte di iniziative anomale di questi ultimi, non abbiano adottato (ricercandolo di volta in volta), lo strumento di reazione più consono a loro disposizione affinché la loro vigilanza sull’operato degli amministratori fosse effettiva e non puramente formale.
I soli ammonimenti rivolti all’organo amministrativo, non seguiti dall’esercizio dei poteri di sollecitazione e denuncia interni ed esterni, non valgono ad escludere la responsabilità dei sindaci; del pari non escludono la responsabilità dei sindaci l’essere stati tenuti all’oscuro delle vicende societarie o l’aver assunto la carica dopo la commissione degli illeciti se fosse stata da loro esigibile una condotta che avrebbe permesso di scoprire le condotte illecite e di reagire ad esse, evitando ulteriori danni.
Sebbene il curatore fallimentare non sia legittimato in generale ad agire per il risarcimento dei danni causati ai creditori dall’abusiva concessione di credito diretta a mantenere in vita un’impresa decotta (Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7030), sussiste la legittimazione del curatore fallimentare ad agire, ex artt. 146 L. Fall. e 2392 c.c., nei confronti della banca, ove la posizione a quest’ultima ascritta sia di terzo responsabile solidale, ai sensi dell’art. 2055 c.c., del danno cagionato alla società fallita per effetto dell’abusivo ricorso al credito da parte dell’amministratore (Cass., sez. I, 20 aprile 2017 n. 9983).
Se è indubbia la responsabilità della banca verso la curatela per concorso nell’abusivo ricorso al credito in presenza di perdita integrale del capitale, più complesso è invece valutare la sussistenza della responsabilità della banca nelle situazioni in cui la società, pur non avendo perso il capitale sociale, non è comunque più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; in tali casi, alla luce dei recenti interventi di riforma delle procedure concorsuali, può ravvisarsi l’abusività del ricorso al credito se il finanziamento non è oggettivamente compatibile con le capacità produttive del finanziato, e quindi in definitiva se non è oggettivamente ipotizzabile, anche sulla scorta del piano industriale elaborato per l’ottenimento del finanziamento, un livello di ricavi tale da coprire i costi del finanziamento e garantire la sua restituzione alle scadenze pattuite. (V. http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/24682/Societario#gsc.tab=0)