Tribunale di Napoli, 24 Luglio 2020. Pres. Raffone. Est. Maria Tuccillo.
In caso di liquidazione di una società di capitale i creditori sociali non sono legittimati – a differenza di quanto accade ad es. in caso di riduzione del capitale sociale, di costituzione di patrimonio separato, di trasformazione, fusione o scissione, di revoca dello stato di liquidazione (v. artt. 2445, 2447 quater, 2482, 2487 ter, 2500 novies, 2503, 2506 ter c.c.) – ad esperire alcun rimedio a tutela della garanzia generica costituita dal patrimonio sociale, né possono proporre reclamo ex art. 2492 c.c. avverso il bilancio finale di liquidazione (essendo tale rimedio riservato solo ai soci), ma possono solo agire ex post con l’azione di cui all’art. 2495, 2° comma, c.c. nei confronti dei soci nei limiti delle somme da questi ricevute e/o contro il liquidatore che abbia espletato negligentemente la sua attività.
Diversamente da quanto previsto per i soci dopo la cancellazione della società, la responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali è “illimitata” e ricalca quella degli amministratori (art. 2489, 2° comma, c.c.) sicché, in ossequio al principio del business judgment rule, il sindacato del giudice non può riguardare sic et simpliciter il “merito” delle scelte gestionali assunte dal liquidatore.
Sussiste la responsabilità del liquidatore laddove si accerti che questi non ha agito in modo da assicurare il pagamento di tutti i creditori sociali noti nel rispetto delle cause legittime di prelazione e l’eventuale distribuzione dell’attivo residuo in favore dei soci. In particolare, qualora la gestione liquidatoria evidenzi l’esecuzione di pagamenti in spregio del principio della par conditio creditorum, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità derivante dall’obbligo di svolgere un’ordinata gestione liquidatoria del patrimonio sociale, ha l’onere di allegare e provare che l’avvenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non ha leso il diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto agli altri creditori, salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c. (V. anche Cass., sez. III, 15/01/2020, n. 521) –
(V. http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/24207/stampa)