Tribunale Torre Annunziata, 3 Giugno 2019. Est. Coppola.
La domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti da un ente locale in conseguenza di atti criminosi di corruzione e concussione compiuti da componenti dell’amministrazione pubblica, amministratori di imprese aggiudicatrice di appalti ed appartenenti a clan camorristici va inquadrata nella categoria del danno all’immagine e, pertanto, va dichiarato il difetto di giurisdizione del G.O. in favore della Corte dei Conti esclusivamente nei confronti di amministratori e dipendenti condannati per reati contro la p.a. accertati con sentenza passata in giudicato.
La ripetizione di numerosi comportamenti delittuosi in un determinato arco temporale, univocamente finalizzati a conseguire il controllo degli appalti pubblici comunali ed a trarre da ciò vantaggi economici ed altre utilità, postula che il danno all’immagine subito dal comune è stato causato dall’insieme di essi e non dai singoli episodi sicché i convenuti vanno ritenuti responsabili in solido ex art. 2055 c.c.
La sentenza penale irrevocabile contenente una condanna generica al risarcimento dei danni ha efficacia di giudicato nel successivo giudizio civile di liquidazione dei danni limitatamente ai soli fatti materiali sicché è onere del danneggiato provare l’effettiva esistenza di danni e l’entità degli stessi ( V. Cassazione civile, sez. III, 14 febbraio 2019, n. 4318). Pertanto la liquidazione del danno all’immagine, in mancanza di allegazione e prova, da parte dell’attore, delle somme o delle altre utilità economiche concretamente percepite dai dipendenti ed amministratori che avrebbero reso possibile utilizzare il criterio previsto dall’art. 1-sexies della L. n. 20/1994, deve avvenire in via equitativa applicando i parametri (gravità dell’illecito, collocazione dell’autore nella struttura amministrativa, dimensioni territoriali dell’ente, diffusione della notizia dell’illecito nella comunità ecc.) elaborati dalla giurisprudenza contabile. (V. Corte Conti, sez. riun., 23 aprile 2003, n. 10) (V. http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/22290).